Erano solo dicerie, è vero, ma nessuno smentiva. Intendo quell’insistente vociferare sulle camere a gas e sui forni crematori.
Mi recai da Himmler e gli chiesi conto di cosa ci fosse di vero “su simili, ignominiose aberrazioni che disonorano il nostro popolo”.
“Sono solo chiacchiere!” fu la sua risposta.
“Lo proclami alla radio, allora!” fu la mia reazione.
Lui fu coerente. Coerente con le sue menzogne, e negò quelle aberrazioni alla radio.
Ordinando però che “quella persona famosa quanto incauta fosse tenuta lontana da Hitler”.
Persona incauta non credo, famosa quello sì.
Eccome se ero una persona famosa.
Soprattutto dopo quell’impresa, avvenuta nell’agosto del 1943.
Mi chiamarono disperati dopo che quattro piloti erano morti durante quel collaudo.
Quattro tentativi, tutti falliti.
Solo io potevo riuscire in quella che verrà definita l’impresa aviatoria più incredibile e sensazionale della storia: il collaudo in volo di una bomba pilotata.
Il luogo? Peenemünde.
La bomba che aveva problemi di stabilizzazione e di guida, modificata per un volo umano?
La V1.
Non vi sto a raccontare il funzionamento di quella V1 modificata con una specie di cabina.
Aveva tutto un sistema a pendolo stabilizzato da una girobussola.
Poi un sistema per controllare l’imbardata, il beccheggio e il rollio.
C’era persino un odometro.
Sapete, quell’aggeggio che vedete sulle strade per misurare la distanza percorsa mediante i giri su una ruota.
Sì, l’odometro, quello inventato da Archimede.
Sulla V1 serviva per stabilire quando l’obiettivo veniva raggiunto.
Insomma, una cosa strana.
La V1 aveva dei problemi.
Non riuscivano a risolvere quelli di stabilizzazione e di guida.
Quattro piloti avevano perso la vita in fase d’atterraggio.
Erano giunti alla conclusione che solo io avrei potuto risolvere quel problema.
Ovvio.
Quattro tentativi. Quattro piloti morti.
Chi poteva compiere quell’impresa se non la persona che aveva collaudato e messo a punto l’aereo più scorbutico di quei tempi: lo Junker Ju 87 Stuka? L’aereo che nel biennio 1939-40 sarebbe stato il grande protagonista della Blitzkrieg.
Sì. la guerra lampo.
Vi garantisco che era come pilotare un ferro da stiro. Duro, difficile da dirigere.
Fui io a metterlo a punto, a migliorarlo.
Ricordo che nei primi voli di prova mi gettavo in picchiata per richiamarlo a 400 metri dal suolo.
Era pericoloso lo so.
Una volta in fase di atterraggio non mi si va a rompere il carrello? L’aereo si capovolse e io rimasi ferita gravemente alla testa.
Ecco, avevo una fortuna. Non svenivo mai.
Dissi a tutti di aspettare prima di portarmi in ospedale perché prima dovevo redigere il rapporto di volo.
Avevo la stima incondizionata del generale Ernst Udet, secondo per numero di vittorie solo al Barone Rosso. Dopo lo Stuka mi affidarono altri aerei.
Il mio giudizio era fondamentale.
Durante la Battaglia d’Inghilterra del 1940 mi portarono per osservare il volo dei bombardieri.
Notai che nelle incursioni sotto i 2.500 metri erano più i bombardieri che cadevano per l’urto contro i cavi dei palloni frenati, che quelli abbattuti dalla contraerea. Una volta in patria mi lanciai con un bombardiere munito di un rostro contro un cavo simile a quelli inglesi.
Non fu una bella idea.
Il mio aereo andò in mille pezzi e mi salvai miracolosamente lanciandomi col paracadute.
Non so se fosse giusto o meno, ma Hitler in persona mi assegnò la croce di ferro con diamanti.
Prima e unica donna.
Scusate, dimenticavo.
Mi chiamo Hanna Reitsch.
Non fu l’ultima volta che misi in gioco la mia vita. Nell’ottobre del 1942 mi affidarono il collaudo del Messerschmitt Me 163 Komet.
Era il primo aereo a reazione. Di più.
Un aereo razzo, visto che poteva arrivare a sfiorare i 1.000 km/ora.
Durante il primo volo iniziò a vibrare in modo innaturale.
Da terra mi ordinarono di gettarmi col paracadute, tanto ormai l’aereo era perduto.
"Mi dite come cavolo posso collaudare quest’aereo, sapere quali sono problemi, se mi ordinate di abbandonarlo?"
Ignorai gli ordini e spinsi al massimo regime lo statoreattore.
Ricordo che a 6.000 metri prima si staccò l’ala destra, poi quella sinistra e come un razzo iniziò la picchiata. Ora sapevo dove stava il problema.
Con calma, mi mancavano alcuni dati, mi lanciai col paracadute.
Un po’ tardi.
Una botta, e rottura della mascella e della scatola cranica. Quelli erano di coccio.
Non ero svenuta e dovevo redigere il rapporto di volo. L’Ospedale veniva dopo.

Sapete che ero sempre gomito a gomito con i più grandi scienziati? Wernher von Braun, per esempio.
Ora sapete qualcosa della mia vita.
Quello che ancora non sapete è come andò con il collaudo delle V1.
Malgrado la mia esperienza di pilota molti avevano dubbi sul fatto che una donna potesse riuscire là dove gli uomini avevano fallito.
Pesavo quarantasette chilogrammi.
Bruna, naso alla francese, piccola di statura e soprattutto timida. Molto timida. Ma non in volo. Dicevano di me che avevo un coraggio sovrumano, forse sorretto da un fanatismo patriottico. Non so.
Ero nata a Hirschberg, in Slesia, il 29 maggio del 1912.
A 14 anni praticavo il volo a vela, visto che il Trattato di Versailles ci aveva imposto tutte quelle restrizione.
Poi nel 1935 Hitler aveva creato la Luftwaffe e con quegli aerei dimostrai subito la mia bravura.
Per me era tutto normale.
Per i campi no, e lo dissi a Himmler.
Non ero nazista più di altri nel mio Paese.
Nel 1945, ormai alla fine, proposi a Hitler la costituzione di corpi suicidi a bordo di V1 pilotate.
Hitler respinse nettamente l’idea.
Disse che essendo tedesco non poteva assimilare la filosofia orientale dei kamikaze giapponesi.
Comunque, effettuai dieci voli sulle V1.
Senza un minimo di paura, malgrado due incidenti e molto ospedale. Mai un lamento.
Era come giocare alla roulette russa.
Riuscii a scoprire molti difetti d’assetto.
E perché i quattro piloti che mi avevano preceduta erano morti.
Morti in fase d’atterraggio.
Io cominciai a provare gli atterraggi in quota, per poter richiamare la V1 in caso di problemi.
Scoprii che la V1 aveva una velocità di stallo molto alta.
E loro, che non erano abituati alle alte velocità come me, atterravano sempre troppo lenti.
Hanna Reitsch fu imprigionata dagli americani alla fine della guerra.
Liberata dopo diciotto mesi continuò a volare. Partecipando a gare internazionali di volo (spesso come unica donna) vinse diversi premi.
Con Indira Gandhi nel 1959 fondò in India una scuola d’aviazione.
Fu ricevuta nel 1961 dal presidente John F. Kennedy, poi si trasferì in Ghana dove fondò una scuola di volo a vela.
Dopo 2 record del mondo nel 1976 e nel 1979, è morta a Francoforte sul Meno a causa di un infarto.
Non si è mai pentita di aver servito Hitler.
You can follow @JohannesBuckler.
Tip: mention @twtextapp on a Twitter thread with the keyword “unroll” to get a link to it.

Latest Threads Unrolled: