I testi privati femminili del Medioevo sono molto rari. Nell'agosto 1400 la fiorentina Francesca Bandini manda una lettera alla sorella Margherita, moglie del mercante pratese Francesco di M. Datini; le racconta d’essersi malata di peste e di esser guarita in 4 settimane (segue)
È la pestilenza nota come Morìa dei Bianchi, così detta perché propagata dalle processioni religiose della compagnia degli «accappati» vestiti di bianco, un movimento penitenziale. I sintomi lamentati da Francesca sono mal di stomaco e gonfiore costale (segue)
Nella lettera Francesca parla di molte amiche comuni colpite dal morbo: «Tu mm’iscrivi ch’io ti scrivi se l’Agniola nostra è morta. Sapi ch’ela morì a dì 5 di lulglio. Ed è morta la Chaterina, sua filglioula, e la Vaggia, e la Doratea s’è preso il male” (segue)
«Domenedio fa cho’ lla falcie fienaia» : Francesca paragona la pestilenza a una fienagione di Dio tra gli uomini. Riferisce del puzzo nelle chiese in cui, nella calura estiva, venivano radunati i morti. (segue)
«Qui non si vede altro che chrocie e bare e portare il nostro Signiore: ochore frati o monaci soli a dare olio santo, ch’è beato chi può pure avere il prette”. La lettera termina con altri ragguagli luttuosi e con un saluto tutto femminile: “Rachomandami a choteste donne” (segue)
Francesca Bandini non sa scrivere, anche se sa un po' leggere: la lettera fu dettata a un segretario. La sorella Margherita ha imparato a leggere e scrivere in età relativamente avanzata, al preciso fine di corrispondere da sola col marito sempre lontano per affari.
La lettera di Francesca Bandini è conservata all’Archivio di Stato di Prato con le altre 140mila circa del carteggio datiniano, uno dei fondi archivistici più ricchi e meglio curati d’Europa. La si consulta anche online. http://datini.archiviodistato.prato.it/la-ricerca/carteggio @quiprato
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